Intervista a EJ Kempson: una chiacchierata con la fondatrice di Queenz Sounds, un'organizzazione benefica che potenzia donne e musicisti LGBTQIA+ in tutto il mondo
- Alexandra Lloyd
- 7 mag
- Tempo di lettura: 4 min
Intervista di: Alexandra Lloyd
Traduzione di: Laura Calonghi e Arianna Bartolozzi Bellantuono
In questa intervista mi siedo a parlare con EJ Kempson del Regno Unito, fondatrice di Queenz Sounds, per parlare della sua organizzazione benefica. Nel corso della nostra conversazione EJ fa luce sul clima attuale dell’industria musicale, sottolineando l’importante lavoro svolto da organizzazioni come Queenz Sounds per aiutare i musicisti a ricevere il giusto riconoscimento e una remunerazione equa. Inoltre parliamo dei progetti entusiasmanti che Queenz Sounds ha in programma, così come gli inizi dell’organizzazione e l’incredibile team che ne ha reso possibile la sua esistenza.

Ti piacerebbe raccontarmi qualcosa su Queenz Sounds, su di te e sul tuo team?
Queenz Sounds è il mio progetto del cuore. È nato perché ho notato molte discriminazioni nell’industria musicale: molte amiche hanno dovuto rinunciare alla musica o nascondere la propria autenticità solo per riuscire a sopravvivere. Non mi sembrava giusto. È da lì che è nata l’idea di Queenz Sounds; inizialmente era un progetto per il master. Durante il lockdown, facevo tutto da sola: c’ero solo io a occuparmene. I miei obiettivi principali erano conoscere le persone che volevamo aiutare ed emancipare. Ho trascorso gran parte del lockdown facendo chiamate su Zoom e preparando tutto per quando le restrizioni sarebbero state revocate, così che le persone potessero tornare a esibirsi dal vivo. Poi il progetto si è evoluto in un lavoro collettivo: eravamo solo in tre all’inizio, e ora è una vera e propria charity scozzese. Abbiamo cinque trustee principali e tanti volontari divisi in vari team: marketing, social media, tecnologia, collaborazioni e altro ancora.
Cosa ti ha spinto a creare Queenz Sounds?
Tutto è cominciato dal mio giro di conoscenze più stretto. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato vedere alcune delle mie amiche nere e alcune persone trans che faticavano molto più di me. È stato quello a far scattare qualcosa dentro di me: non ci sono state grandi influenze esterne all’inizio, quelle sono arrivate dopo. Quando l’idea ha cominciato a prendere forma, ho avuto l’opportunità di parlare con Skin degli Skunk Anansie, ed è stato un momento importantissimo per me. In seguito, abbiamo iniziato a confrontarci con attivistə e altre persone che facevano un lavoro simile nel settore, e ogni singola conversazione ha influenzato il nostro modo di operare, su cosa ci concentriamo e cosa riteniamo necessario per il futuro. Ma la motivazione iniziale sono state solo le mie esperienze personali e quelle delle persone intorno a me.
Hai esperienza di lavoro nell’industria musicale in Scozia? Pensi che siano necessari spazi come quelli offerti da Queenz Sounds?
La Scozia è interessante perché per me è stata una sorta di rifugio: mi sono allontanata da Londra e mi sono innamorata di questo posto. Anche l’industria musicale qui è molto interessante; sento che è molto più avanti rispetto ad altri posti in cui sono stata e c’è una grande comunità. La maggior parte degli altri trustees attualmente vive a Londra, quindi loro affrontano molti più problemi in termini di diversità e inclusione rispetto a quelli che vedo io qui, ad esempio. Ci sono mesi in cui (gli artisti) hanno tra i 20 e i 30 concerti, e altri momenti in cui non c’è nulla, specialmente nel periodo natalizio.
Cosa hai studiato all’università e cosa ti ha spinto a seguire questa strada? La consiglieresti a musicisti e professionisti che vogliono entrare in questo settore?
Purtroppo è uno di quei settori in cui non esiste un percorso giusto. Ogni persona ha il suo cammino, e non è necessariamente lo stesso per tutti. Io sono stata molto fortunata con il mio giro: amano Queenz Sounds e continuano a collaborare con noi ancora oggi. Ma non sono stata altrettanto fortunata durante il mio percorso universitario. In quel periodo, in realtà, ho perso la mia scintilla per quanto riguarda la musica e tutto ciò che stavo facendo. Non è stato il processo di apprendimento in sé, ma le persone con cui mi sono ritrovata. Soprattutto quando ti avvicini al lato più commerciale della musica, molte persone pensano che esista una formula per il successo. Onestamente, magari fosse tutto così bianco o nero. Magari esistesse davvero una formula.
Qual è la parte più stressante dell'associazione benefica? Hai qualche aneddoto?
Direi che la parte più difficile di Queenz Sounds è orientarsi tra le connessioni e trovare soluzioni alle varie situazioni. Ora abbiamo un team dedicato alle collaborazioni, ma all'inizio è stato davvero strano confrontarmi con i diversi tipi di personalità attratti dall'idea della charity. C’erano parecchi rivenditori musicali, ad esempio, che volevano usare il nostro nome, sostenendo di fare molto per le donne nell’industria musicale. Penso che la parte più difficile, per me, sia stata vedere quante persone fingono di essere inclusive e cercano di... credo che la parola giusta sia pinkwashing, rivestire il proprio brand con un’apparenza di attivismo, senza però impegnarsi realmente. La loro etica e i loro valori non sono allineati ai nostri. È una tendenza che abbiamo notato sin dall’inizio: persone che promettono il mondo, ma lo fanno per ragioni che non rispecchiano il motivo per cui Queenz Sounds esiste davvero. Ha senso?
Quali progetti o obiettivi avete in programma tu e il tuo team?
Abbiamo appena iniziato una collaborazione con Pirate Studios, il che è fantastico perchè significa che possiamo portare i nostri artisti in studi di registrazione in tutto il paese, ma anche fargli ottenere degli sconti. Un’altra cosa su cui stiamo lavorando è il lancio di un podcast con Soho Radio e ne siamo entusiasti. Stiamo anche pianificando di organizzare conferenze e festival più grandi in futuro, ma vogliamo andare passo dopo passo. Perché, oltre ai grandi progetti, c’è tutto il lavoro quotidiano da fare con gli artisti, e tutti nel team sono appassionati quanto me.
In che modo supportate gli artisti attraverso Queenz Sounds e come li trovate?
In realtà, non abbiamo mai cercato artisti per il nostro roster, non è qualcosa che facciamo regolarmente. Solo in un paio di occasioni ci siamo avvicinati a degli artisti dicendo: “ci piaci moltissimo, pensiamo di poterti aiutare, ti andrebbe di parlarne?”. Quindi sì, la maggior parte delle connessioni avviene in modo naturale, in particolare attraverso il networking e molto anche tramite i social. Ovviamente siamo qui per gli artisti, ma anche per i volontari, ed è così che mi piace vederla. Vedrai sui nostri social che condividiamo anche progetti dei nostri volontari, perché anche loro fanno parte della nostra rete, e non vedo alcun conflitto d’interessi nel lavorare tutti insieme.
Potete seguire Queenz Sounds qui per rimanere aggiornati!